Un loggionista che aspetta la Prima della Scala per urlare “Viva l’Italia antifascista” e viene immediatamente intervistato e citato dal sistema dei media cosa sta facendo esattamente?
Sta omaggiando un mondo di cui ha nostalgia, sta denunciando il concreto rischio di un regime fascista in Italia, voleva solo farsi notare o sta confermando la fondatezza di una possibile candidatura alle Europee, per il PD, di Paolo Berizzi? Tutte queste cose insieme e molte di più. Ma l’aspetto senza dubbio più interessante consiste nel pensare in quale dei due possibili mondi viva questa persona: in quello berizziano in cui l’Italia è effettivamente minacciata da Galeazzo Ciano o, più subdolamente, il semplice fatto che non governi il PD rappresenti già di per sé un rischio fascista; oppure si tratta di un’idea puramente pubblicitaria, pensata non certo in un contesto isolato ma studiata con quel tanto di tempismo e di gesti d’intesa che fanno dei media un loggione e di un loggione la sede ufficiale di un’agenzia di stampa? E se invece si trattasse di una terza ipotesi? Se invece il loggionista antifascista vivesse in un mondo romantico e sognante – in effetti capita tra i melomani – in cui il bel gesto si deve misurare ogni tanto, nella vita, con un ritorno ai fasti del “Viva Verdi” risorgimentale o di Toscanini che si rifiutava di far suonare Giovinezza? Ma l’indicazione più interessante, per noi che cerchiamo di leggere i gesti sempre nel loro complesso simbolico e mai considerandoli come semplici espressioni “di classe”, è quella che ci descrive un mondo nel quale urlare “Viva l’antifascismo” alla Prima della Scala – forse perché presente La Russa o forse no, non importa – costituisce di per sé un merito che esula dall’ambito del comico, che, anzi, viene riconosciuto come un richiamo “alto e civile” di un cittadino spaventato. Quel mondo lì esiste, quelle persone esistono e – oserei dire – prosperano da decenni. Certo le trovi raramente in una fabbrica, un contesto nel quale se, durante un’assemblea sindacale, uno si mettesse ad urlare “Viva l’Italia antifascista” sarebbe visto come un mezzo matto. Ancora una volta è il contesto che fa il messaggio e quel loggione non è altro che la metafora del sistema mediatico italiano. Domani da Fazio c’è Gino Cecchettin. Qualcuno potrebbe trovare strana questa scelta. Chissà da quale loggione griderà Lucianina.