Che cos’è un omosessuale?

Se la puntata di Report contro Zan sia stato un regolamento di conti interno alla Sinistra lgbtp non lo sapremo mai. La Cirinnà fece una conferenza stampa piangendo – non in senso figurato – per dire che nel PD le avevano dato un collegio difficile apposta per farla fuori. Il vittimismo appartiene solo al mondo lgbtp? Direi di no.

In quel mondo troviamo un altissimo numero di drama queen? Sì, direi proprio di sì. Vorrei però sottolineare un altro aspetto della questione e cioè quello che, a mio parere, è di gran lunga il più importante: è assolutamente irrilevante se Alessandro Zan si sia inventato una società che gestisce i Gay Pride per guadagnare soldi o per girarli al PD o entrambe le cose. Si tratterebbe di qualcosa di illecito? Che noia, roba da Fatto Quotidiano. Cosa uno si inventa per avere i soldi per comprarsi le cose non è cosa che ci interessa; per noi che di Vanna Marchi vediamo avidamente solo e soltanto gli aspetti sociologici, culturali, girardiani, dumeziliani e guénoniani, non è importante, sono i dettagli del galoppino che viene mandato dal droghiere a regolare i sospesi. Fatti loro: se si tratta di venire a scoprire oggi come lo Stato italiano usi i fondi per le manifestazioni di sinistra, se si tratta di scoprire oggi cosa rappresenti il meraviglioso sistema culturale tosco-emiliano, saremmo gli ingenui che invece non siamo. Ben altra è la cosa interessante e cioè il meccanismo simbolico nel quale il mondo lgbtp agisce. Un omosessuale è una persona che ha preferenze sessuali atipiche, differenti da quelle maggioritarie, non finalizzate alla procreazione e, secondo la vecchia definizione del DSM, affetto da una “devianza”. Da Wilde a Pasolini, probabilmente anche Patroclo e sicuramente tutti i miei amici omosessuali si sono sempre vantati della loro “differenza”, della loro specificità e non di rado, per civetteria, della loro “devianza”. Sulla questione si possono dire alcune cose ma sicuramente si può notare come si stia parlando di una sfera intima, privata, celata, nascosta, da preservare, da difendere dell’individuo. I Gay Pride sono manifestazioni grottesche perché fanno sfoggio di ciò che deve essere celato e gli omosessuali colti – che pochi non sono – sono i primi a dirlo. Certo a un certo punto a San Francisco qualcuno ha pensato che per ottenere “riconoscimento sociale” bisogna andare in giro per le strade senza mutande ma anche questo in fondo è solo costume. La questione centrale consiste invece nella costituzione di una lobby politica, che per finalità dichiarata ha “la difesa degli lgbtp” che in qualche ambiente che non siano i media, la moda, la cultura, la politica, l’università, la finanza sarebbero discriminati (forse l’edilizia ma se penso ai Village people direi neanche lì), e che per ottenere questa “difesa” innesca un meccanismo in base al quale il solo fatto di dichiararsi “lgbtp” (uso sigla perché se no elenco troppo lungo) costituirebbe, per il “discriminato”, un automatico motivo di credito nei confronti della società. Il semplice fatto di rivendicare un diritto farebbe esistere quel diritto e, cosa decisiva, metterebbe la società in debito nei confronti di chi lo rivendica. “Io dichiaro di essere un trans [coming out] e quindi la società da questo momento in poi è in debito con me e questo debito si deve estinguere con la costituzione di “nuovi diritti” di cui io posso godere”, e aggiunge il militante politico: “quindi è giusto che la Sinistra si occupi innanzitutto di queste cose e delle altre di cui non parla mai meglio si sappia poco, sullo schema della cessione di una parte di mare alla Francia”. Se una coppia di uomini dichiara di volere un bambino immediatamente si crea un “debito sociale” nei loro confronti di cui la coppia omosessuale è creditrice. Questo è il meccanismo alla base del movimento lgbtp, un meccanismo banalmente illegittimo. La rivendicazione di desideri non può essere la base per la codificazione di diritti e soprattutto il semplice fatto di dichiararsi in credito non crea automaticamente un debito.

Debito creato dal nulla: siamo sempre da quelle parti, non c’è niente da fare…

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