Si inciampa nelle cose per puro caso e ci si china a raccogliere oggetti misteriosi quando se ne trova uno dove non lo si aspettava. Capita sempre più spesso di vedere utilizzata l’estetica satanista tra i giovani e tra i giovanissimi…
i quali, grazie all’effetto moltiplicatore ed effimero dei social, possono identificarsi in simboli ed atteggiamenti trasgressivi senza incorrere nella spiacevole emarginazione canzonatoria della provincia nella quale vivono. Nulla di nuovo, beninteso, il Satanismo ha cessato nell’Ottocento di essere esclusivamente una forma di culto religioso anticristiano, quando un certo romanticismo e, soprattutto, l’approccio poetico simbolista, l’hanno spogliato dai connotati rituali e ne hanno fatto un’estetica. Per Charles Baudelaire – ma anche per Giosuè Carducci, non dimentichiamolo – Satana era simbolo di intuizione poetica nel senso che significava quello che non poteva essere detto. Sulla base di questi assunti dall’Ottocento in poi la cultura popolare ha fatto proprio il simbolo del Diavolo come “primo rivoluzionario”, come fonte degli impulsi trasgressivi da non reprimere ma, al contrario, da esaltare per scardinare i vecchi valori “retrogradi” e costruire una nuova società postcristiana, più giusta, più equa e più libera. Alla fine siamo sempre dalle parti dell’Illuminismo, non si scappa. Il Novecento ha proseguito questo discorso, soprattutto grazie alla figura di Aleister Crowley, colui che ha messo in atto l’operazione di diffusione popolare dei temi del Satanismo attraverso l’atto “trasgressivo” della pubblicazione dei segreti esoterici dell’organizzazione segreta della quale faceva parte. Da Crowley in poi è stato tutto un omaggio all’estetica satanista, in particolare da parte del mondo dell’arte con specifico riferimento alla musica pop: dai Beatles ai gruppi Black metal, i richiami al Satanismo sono passati a svolgere un ruolo estetico indispensabile, caratterizzante, sino ad arrivare al primo cantante pop dichiaratamente satanista la cui immagine e la cui produzione vi aderiscono completamente: Marilyn Manson. Attenzione però, stiamo sempre parlando di un ambito estetico, simbolico e culturale che utilizza il Satanismo come polarità negativa in chiave trasgressiva. Ancora per Marilyn Manson, così come per Baudelaire, era necessario che la simbologia satanista fosse percepita come antagonista, come repulsiva, come pericolosa, come misteriosa, come alternativa, come espressione di quel “lato oscuro” che può affascinare come affascina l’horror ma che richiede sempre una chiara distinzione tra “bene” da una parte ed ambito trasgressivo del “male” dall’altra. Negli ultimi anni, tuttavia, stiamo assistendo ad un diverso utilizzo dell’estetica satanista in ambito pop, la sua contaminazione con il mondo woke e con alcuni settori del movimento lgbt ha portato ad un’esaltazione dell’ambito puramente estetico e, allo stesso tempo, ad un abbandono della sua carica repulsiva. Oggi il Satanismo pop non vuole più essere solo un trasgressivo ed aggressivo attacco ai “valori positivi”, ha abbandonato la sua radice provocatoria per porsi come paradigma valoriale “accettabile”, come estetica di coloro che sono oppressi, incompresi, senza diritti, non riconosciuti e osteggiati. Si sono così trasformati da diavoli in poveri diavoli privando il simbolo del male per eccellenza di ogni sua connotazione valoriale. Aderire ad un vestiario o essere fan di un genere musicale, infatti, sono operazioni estetiche pressoché neutre dal punto di vista etico, sono manifestazioni di adesione adolescenziale ad un gruppo sociale. Ma la stessa cosa non si può dire per il Satanismo il quale è simbolo del male per definizione ed il cui ambito religioso e rituale – che è sempre comunque sullo sfondo – è spesso connotato da fatti criminali di estrema gravità. Aderire oggi all’estetica satanista-pop non richiede più una riflessione etica, al contrario la annulla, facendo del Satanismo un movimento di “brave persone”, di oppressi dalla società cristiana e patriarcale, di non riconosciuti nei propri legittimi desideri. E qual è il fine di tale neutralizzazione? Se addirittura il Male può arrivare a significare il Bene, se cessa di essere il luogo dal quale allontanarsi ma diventa qualcosa di familiare, allora ogni valore ed ogni criterio vengono a mancare ed è proprio qui l’obiettivo del nichilismo materialista che controlla le narrazioni culturali: se non esiste alcun valore, se ogni criterio è relativo ed intercambiabile, se l’individuo deve badare unicamente ad accordarsi, anche esteticamente, ai simboli imposti dalla Narrazione globale, allora rimane un solo modo per regolare la vita e per attribuirvi significato: acquistare beni e servizi. Nel mondo in cui lo stesso Satana diventa in fondo uno che va a manifestare in piazza “per i diritti” allora non rimarrà altro che comprare cose, per cercare in esse il senso dell’esistenza.