La giornata

Si cambiano le scuole e Trump fa finire le guerre.
In un’epoca in cui il progresso tecnologico si accinge a dissolvere le barriere linguistiche, non è forse il momento di riscoprire le lingue antiche, custodi di un sapere immortale? Propongo, dunque, di introdurre il latino e il greco fin dalle scuole elementari, accompagnandoli, nei gradi successivi, dal sanscrito. Contemporaneamente, l’educazione dovrebbe orientarsi verso le fondamenta del pensiero: logica ed epistemologia dovrebbero aprire i cancelli dell’infanzia e la filosofia dovrebbe essere il gioco stesso dei bambini. Le materie scientifiche, al contrario, potrebbero essere apprese negli ultimi anni del liceo, quando la maturità dello spirito è pronta a dialogare con i dogmatismi.

Questa negligenza si specchia anche nel mondo dell’informazione. “Report”, con la sua presunta imparzialità, si erge a giudice della politica, mentre seleziona e narra i fatti secondo un obiettivo predefinito. Il suo tono colto e vagamente arrogante soddisfa un pubblico già predisposto a credere, ma non equilibra il panorama informativo. Forse, non sarebbe sbagliato immaginare un “contrappunto” mediatico, un Report speculare, che indaghi incessantemente il lato opposto dello spettro politico, ma con una dignità che esuli dalle campagne elettorali. Perché l’equità è un’illusione, ma il bilanciamento potrebbe forse essere ristoratore.

E in un simile contesto, cosa possiamo dire della giustizia internazionale? L’Italia, che garantisce immunità a Netanyahu malgrado il mandato d’arresto internazionale, nega lo stesso trattamento a Putin. Esiste forse un tribunale invisibile, superiore a quello internazionale, che decide arbitrariamente chi meriti protezione e chi condanna? Ma chi fa osservare le sentenze di un Tribunale talmente alto da essere addirittura “internazionale”? Chi le sposa di volta in volta.

La nostra società, plasmata da un’educazione postsessantottina, sembra smarrita. Gli ideali che hanno formato le generazioni odierne hanno lasciato un vuoto che nemmeno su temi cruciali come il patriarcato o la vergognosa realtà del taharrush gamea portano gli esponenti degli eredi del Sessantotto a prendere posizione. E, come se non bastasse, scopriamo che le agenzie di validazione, quelle che dovrebbero garantire la trasparenza, rispondono con formalismi vuoti alle domande più scomode, come Speranza braccato per strada che risponde che gli eventi avversi erano “comunicati ogni settimana”. Da incontrollabili agenzie di validazione naturalmente.

In questo caos, il migrante, simbolo di un’umanità priva di maschere, non si cura di distinguere tra alleati e nemici secondo filtri estetici o ideologici. È forse lui, lo straniero, a mostrarci, con la sua indifferenza, quanto siamo lontani da un’autentica comprensione del mondo che ci circonda. Lui non fa differenze quando vuole aggredire e a Bologna colpisce qualcuno che magari sta tornando da una manifestazione fatta per difendere i suoi “nuovi diritti”. Quante sventure per la virtù.

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